«Sono stato in guerra per poco più di un anno, nemmeno un settantesimo della mia vita. Ma quella, solo quella, è stata la mia vita. Il resto non ne è stata che una premessa e un'appendice... Io vorrei solo chiedere, a chi ordina le guerre, se l'uomo è nato davvero per combatterle. È una domanda che né io né altri potremo mai fare direttamente a qualcuno, ma che resterà in noi anche quando saremo solo polvere. Qualcuno, a un certo punto, udrà le nostre urla.» È il testamento morale del protagonista del romanzo, un ufficiale ventiduenne che ha perso quel che restava dei suoi uomini, senza però vederli morire, durante la ritirata dalla Russia e dall'Ucraina dell'esercito italiano, nel 1943, quando gli occupanti eravamo noi. E li perde proprio nelle pianure dove oggi, nel 2022, si è tornati a combattere e a uccidere. Gli "ufficialmente dispersi", che il Sottotenente cercherà per tutta la vita, sono rimasti in quella terra, sepolti da qualche parte, e il monito del loro comandante sembra il monito di un soldato di oggi che è ancora lì con in mano un fucile o dentro un carro armato. E chiede a sé stesso "perché?"
Pier Vittorio Buffa ha lavorato per quarant'anni come giornalista nel Gruppo Editoriale L'Espresso. Fra i suoi libri: Al di là di quelle mura (Rizzoli, con Franco Giustolisi), viaggio-inchiesta nelle carceri italiane; Mara Renato e io. Storia dei fondatori delle BR (Mondadori, con Giustolisi e Alberto Franceschini); Io ho visto, storie dei sopravvissuti alle stragi nazifasciste e Non volevo morire così. Santo Stefano e Ventotene, storie di ergastolo e di confino (entrambi Nutrimenti). La prima edizione di Ufficialmente dispersi (Marsilio) è del 1995, la seconda (Transeuropa) del 2010. A breve Piemme pubblicherà il suo secondo romanzo, La casa dell'uva fragola.