Antonio aveva solo tredici mesi quando suo padre morì improvvisamente, lasciandolo solo con una mamma sofferente, incinta del secondo figlio. La sua è stata un'infanzia difficile, segnata dalla povertà, dalla solitudine, dalla paura e l'incertezza per il futuro, in un'Italia che stava sprofondando nei terribili anni della Seconda guerra mondiale. Non era un ragazzino semplice, Antonio: non gli piaceva la scuola, era indisciplinato e arrabbiato, soprattutto con Dio, colpevole, ai suoi occhi, di aver portato via il suo papà. Solo anni dopo avrebbe compreso che senza quella perdita non ci sarebbe stata la vocazione: quella di divenire prete, sì, ma soprattutto di essere padre per tutti coloro che, persi e spaventati, avrebbero avuto bisogno di lui, di una mano che li tirasse fuori dall'abisso. Il cammino che lo ha portato a diventare il don Mazzi di Exodus che tutti conosciamo è stato lungo e accidentato, pieno di dubbi, sfide, incontri difficili, ma illuminato da un unico obiettivo: fare del bene. Per la prima volta, don Antonio Mazzi si racconta in questa autobiografia sincera, dura e commovente, ripercorrendo i frenetici anni della giovinezza e quelli più riflessivi della vecchiaia, condividendo pensieri sull'esistenza, sulla morte, sul futuro. Pagine dense e incalzanti che si leggono come un romanzo, il romanzo di una vita al servizio degli altri, votata alla costruzione di un mondo migliore. In un tempo in cui la speranza sembra affievolirsi giorno dopo giorno, il messaggio di don Mazzi risuona forte e chiaro: non smettiamo di credere nel domani.