L’ultimo spartito di Rossini

di Redazione web

30 gennaio 2018

L’ultimo spartito di Rossini

Passy, 1868. Sono più di trent’anni che Gioachino Rossini si è chiuso in un lungo e doloroso silenzio lavorativo, abbandonando l’opera e scrivendo unicamente musica sacra e strumentale, fra cui i Péchés de vieillesse. Nelle serate musicali organizzate nella casa di Parigi e nella villa di Passy, gli fanno compagnia vecchi e nuovi amici: musicisti, compositori e letterati del tempo come Wagner e Boito, Ricordi, Verdi e Gounod. Ma nessuno di loro, neppure l’amatissima seconda moglie Olympe, conosce le vere ragioni della fuga dalle scene di uno dei più noti compositori del mondo. In procinto di essere operato per la seconda volta a un gravissimo tumore, Rossini ripensa al proprio passato. Da rivoluzionario a conservatore, ma sempre pronto allo sberleffo verso l’ordine costituito; da frequentatore delle più raffinate alcove europee quanto dei più infimi bordelli, alla castità assoluta.

Rossini era stato subissato di fischi e portato in trionfo in tutta Europa, la sua fama era giunta fino alle Americhe. E ora, mentre il sipario sta per calare, Rossini non fa che pensare a quell’ultimo spartito: l’opera mai scritta ma che forse avrebbe potuto scrivere, che fosse apprezzata e riconosciuta nel mondo da pubblico e critica…

L’opera che potrebbe consacrare una vita intera.

L'ultimo spartito di Rossini
L'ultimo spartito di Rossini
Simona Baldelli
Rossini si guardò attorno. «Dite che la mia musica verrà ricordata, dopo la mia morte?»
Scrivere un romanzo ispirato alla biografia di Gioacchino Rossini, nell'anno del 150esimo dalla sua morte, significa complicarsi meravigliosamente la vita. Perché la prima domanda che ci si pone di fronte alla pagina bianca è: cosa si può scrivere di un personaggio di cui si è già detto tutto? Che appartiene all'immaginario collettivo, non solo dei melomani? È stato, probabilmente, l'artista più famoso e osannato di ogni tempo, e già nel corso della sua esistenza. Per lui venne coniato il termine Rossinimania, riferito al periodo in cui si esibì a Vienna. Ogni angolo risuonava della sua musica, le cartoline con la sua immagine andavano a ruba, gli uomini erano vestiti alla Rossini, le donne sospiravano al suo passaggio, i ristoranti avevano piatti a lui dedicati. Una simile smania pervase le altre città in cui visse e lavorò. Tutti volevano frequentare quel musicista gioviale, dalla scrittura facile - compose il Barbiere di Siviglia in meno di due settimane ‑ la battuta pronta, amante della buona tavola. E così viene ricordato ancor oggi: un ilare opportunista, un bon vivant. Ma, di fatto, smise di scrivere opere a 37 anni, dopo il meraviglioso Guglielmo Tell, se si eccettuano alcuni componimenti di musica sacra e strumentale. Cosa portò il musicista più famoso del mondo al silenzio? Da qui partii per il mio viaggio all'interno di una figura assai complessa. In punta di piedi, per non disturbare il gigante che, da 150 anni, aveva trovato quiete. Scoprii aspetti sconosciuti e dolorosi, profondamente umani, che Rossini cercò di dissimulare per tutta la vita, e lo fece tanto bene da passare alla storia come un allegro buontempone. Il suo personaggio da opera buffa meglio costruito, potremmo dire, la maschera dietro cui si condannò vivere.

In occasione dei 150 anni dalla morte di Gioacchino Rossini Piemme pubblicherà a maggio 2018 il romanzo che ne celebra l’indimenticabile vita.

ROSSINI_POST_BLOG_INTERNAL’ultimo spartito di Rossini, di Simona Baldelli

Simona Baldelli È nata a Pesaro e vive a Roma. Ha iniziato la sua carriera in campo teatrale sia come attrice che come regista. Ha lavorato come speaker e autrice di programmi radiofonici e curato numerosi eventi di cultura e spettacolo. Il suo primo romanzo, Evelina e le fate è stato finalista del Premio Italo Calvino e vincitore del Premio Letterario John Fante.

L’ultimo spartito di Rossini è il suo nuovo romanzo.

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