Intervista a Giovanni Cocco, autore de Il mistero della cascata
di Redazione Web
26 maggio 2025

Il suo protagonista, Mantegazza, è un personaggio che si svela per la prima volta. Vuole raccontarci in poche parole il suo carattere? Quali sono le sue caratteristiche?
Alfredo Mantegazza è un maresciallo dei carabinieri, un luogotenente, e quindi una figura di investigatore apparentemente ordinaria, ma la sua personalità e la sua visione del mondo, unite alle sue idiosincrasie, lo rendono molto distante dai consueti cliché del genere.
Personaggio smisurato e irriverente, Mantegazza possiede vizi, virtù, appetiti, difetti, uno humour tagliente: cinquantacinque anni, vedovo, umorale, con problemi di salute, il maresciallo è un uomo dalla vita solitaria e appartata che abita ad Onno, sul lago di Como, e lavora in Valassina, estrema periferia nord della provincia di Como (ma a cavallo con quella di Lecco).
Ha smesso di fumare e si arrangia con le sigarette elettroniche, ha problemi di prostata, dice le parolacce, è politicamente scorretto, guida un’auto ibrida; utilizza il quotidiano locale per accendere il camino, possiede una passione per il paranormale, i necrologi, il lago, le montagne; vive da solo col cane Ruben, parla con animali e alberi, è un avido lettore, si porta addosso un dolore e un senso di colpa più grandi di lui per la morte dell’amatissima moglie Marta, che ricorda costantemente; vive da solo, fa le lavatrici, stende, cucina, stira. Vive per la figlia Chiara, insegnante, ed è dedito al lavoro.
All’inizio del romanzo viene presentato con queste parole:
Alfredo Mantegazza non si recava mai al distributore automatico del pianterreno, non condivideva i momenti di socialità dei colleghi, non partecipava ai rinfreschi e alle cerimonie di pensionamento, non scambiava saluti che non fossero quelli derivanti da una obbligata, formale e ferma cortesia istituzionale, non chiedeva e non riceveva regali dagli amministratori locali, né tantomeno scambiava favori o prebende; non chiedeva, non pretendeva, non ammiccava, non indulgeva, non commiserava, non si aspettava, non alimentava il chiacchiericcio dei corridoi, non aggiungeva una sola parola che non ritenesse indispensabile, in quel determinato momento, per il corretto funzionamento della sua Stazione o per l’assolvimento di una delle proprie mansioni.
Per una serie gialla, oggi, fondamentale è per l’appunto la forza del protagonista. Mantegazza ha degli zii o dei padri? Quali sono gli investigatori che sono più cari a lei, Cocco, e come hanno influenzato la sua scrittura?
Mantegazza è un Maigret contemporaneo che mutua qualcosa dai protagonisti delle grandi serie tv degli ultimi anni: è tormentato come il Rust Cohle di True Detective, si esprime come l’Eli Gold di A Good Wife (lo spin doctor del candidato alla presidenziali americane), a tratti appare cinico come il Gus Fring di Breaking Bad. Sviluppa una personalità complessa, fatta di spigolosità e inaspettate tenerezze, scontrosità e improvvisi abbandoni.
Da lettore, e giusto per citare Nick Hornby, mi innamorai in maniera acritica dei gialli grazie a Pepe Carvalho (Manuel Vazquez Montalbàn). Poi fu la volta di Fabio Montale (Jean Claude Izzo), che mi fece assaporare Marsiglia (non solo il Vieux Port) ancora prima di averla vista di persona. Ma il migliore rimane Maigret, specie quello delle avventure ambientate nel nord della Francia, a Le Havre, sui canali della Manica o persino in Belgio, tra brume, chiatte e personaggi irripetibili.
Vorrei che presentasse ai lettori un altro personaggio. Parliamo della Laide, che presiede nientemeno che un culto mariano. Che ruolo ha nel romanzo?
Adelaide Frigerio è una santona, veggente e guaritrice, che presiede, appena termina la pandemia di Covid Sars, un culto mariano spontaneo sorto fuori tempo massimo nei pressi di una misteriosa cascata (ispirata a quella reale della Vallategna, in Valassina).
Nel romanzo, che prevede un immaginario strettamente contemporaneo (I-Phone, sigarette elettroniche, Whatsapp, videoconferenze, auto ibride), il cuore centrale della vicenda narrata possiede invece qualcosa che ha a che fare con le grandi passioni e le paure, direi ancestrali, che carratterizzano le nostre vite.
In questa dialettica tra ragione e irrazionalità si colloca il personaggio di Laide, cuore pulsante dell’intero romanzo.
Scorrendo le prime pagine del romanzo e cercando di intuire alcune sue possibili letture o serie tv preferite, il lettore può passare da Nievo e Gadda a Lynch e la prima stagione di True detective. Quali sono le atmosfere de Il mistero della cascata?
Nonostante l’inizio apparentemente tradizionale, il romanzo travalica i generi e spesso sconfina, dal poliziesco tradizionale, in qualcosa che rassomiglia di più a un thriller, ma non mancano venature noir e incursioni in altri territori, come quello dell’hard-boiled e del romanzo psicologico.
Giocoforza il mood risulta nero, le atmosfere sono cupe, plumbee, livide; i paesaggi lacustri e prealpini, con prevalenza della zona montana (e quindi neve, ghiaccio, freddo, asfalto), ricalcano il microcosmo misterioso di una Twin Peaks in tono minore, in un territorio ancora inesplorato del genere italiano: siamo a metà strada tra le due Brianze, quella lecchese e quella comasca, ma Mantegazza vive sulla sponda interna del lago di Como, tra Lecco e Bellagio; c’è il lago Segrino (caro a Gadda, Ippolito Nievo e Fogazzaro), ma vi sono anche Como e il Pian del Tivano. Accanto alla vicenda nera, spesso, si percepiscono gli sfavillanti e placidi scenari lacustri.
Se dovesse invece indicare uno dei personaggi secondari, il suo preferito, chi sarebbe?
Il nano Attilio Gerace, custode della cascata e del suo culto, possiede una carica così sinistra e inqiuietante da risultare, a mio avviso, indimenticabile. Ma in generale l’intero romanzo è costruito proprio sullo sviluppo e sulla caratterizzazione dell’intero cast: non vi è personaggio, principale o secondario, che non subisca molteplici mutamenti.
Proviamo a entrare nella bottega dello scrittore. Com’è nata l’idea del romanzo? E quali sono state le fasi di stesura?
Il mistero della cascata che all’inizio avrebbe dovuto chiamarsi La solitudine della guardia giurata e successivamente La prospettiva del male, è stato scritto nell’autunno del 2022. Poi è rimasto a riposare per due anni ed è stato successivamente rivisto, ampliato e completamente riscritto tra la primavera e l’estate del 2024.
Nasce da un insieme di circostanze casuali (o coincidenze) e da una precisa folgorazione, quella che Perec avrebbe definito “epifania”. Prima di diventare un insegnante di ruolo mi era stata assegnata una cattedra annuale presso l’IC Asso e così mi è capitato, per un intero anno, di passare sotto la cascata della Vallategna, sul confine tra i comuni di Asso e Canzo, in Valassina e di assistere ogni giorno a quello straordinario e misterioso spettacolo naturale. I ricordi legati alla mia infanzia e alcune storie ascoltate e annusate qua e là hanno poi fatto il resto.