
Il maestro invisibile
CHI SALVA UNA VITA SALVA IL MONDO INTERO UNA SCUOLA NEL CUORE DI AUSCHWITZ UN GIOVANE MAESTRO E ATLETA CHE TRASFORMA LA DISPERAZIONE IN UNA INDIMENTICABILE LEZIONE DI VITA All'ombra delle ciminiere, in una baracca di legno, Fredy Hirsch insegna ai bambini a immaginare un mondo diverso. In questo spazio angusto, i piccoli prigionieri cantano, mettono in scena spettacoli teatrali, scrivono poesie e imparano a conoscere il mondo, circondati da pareti dipinte a mano con colori vivaci. Grazie a Fredy, vengono tenuti al riparo dai parassiti, ricevono cibo migliore e imparano persino a immaginare di avere lo stomaco pieno e vivere un giorno senza paura. Essere un insegnante in un campo di concentramento non è affatto semplice.
Fredy, atleta ventisettenne ebreo e gay, rischia la vita ogni giorno. La sua missione è insegnare a conservare speranza e dignità, anche in mezzo all'orrore. Ma il tempo sta per scadere per Fredy e per le centinaia di bambini a lui affidati. Può quest'uomo gentile, compassionevole e coraggioso insegnare loro la lezione più importante di tutte: come sopravvivere?
Un romanzo intenso e commovente, basato su ricerche storiche accurate e testimonianze dirette, che restituisce voce a un eroe dimenticato e agli innocenti che ha ispirato.

Il profumo di mio padre
Prefazione di Liliana Segre «Domani spariranno i testimoni e io racconterò a chi non può credere, che tutto ciò è successo. A noi spetta memoria. Sarà per sempre il nostro Kaddish». «Noi figli dei sopravvissuti alle camere a gas di Birkenau non siamo normali. Lo sa bene la mia amata moglie e lo sanno i miei figli, e forse le mogli di tutti i figli della Shoah e i loro amati figli. Come prima le nostre madri o padri. Noi non abbiamo ascoltato solo parole dolci e tenere dai nostri padri, non solo favole ci è capitato di ascoltare, ma il silenzio impastato di lacrime e urla». È così che Emanuele Fiano, oggi deputato del Partito democratico, in prima linea, da sempre, contro i rigurgiti del neofascismo e dell'antisemitismo, tratteggia in poche parole il senso di questo sentito memoriale. La storia della sua famiglia è segnata dalla tragedia degli scomparsi e dal dolore e dal ricordo dei vivi. Tra Nedo, il padre sopravvissuto ai campi di concentramento, ed Emanuele, il figlio "politico", viene alla luce un rapporto fatto di silenzi, odori e mistero, tenerezze reciproche e scoperte rivelatorie. Il profumo di mio padre è il tentativo di un passaggio di consegne di una memoria preziosa e indimenticabile e una riflessione attualissima sul male e sugli orrori del passato; e, allo stesso tempo, un esempio di come si possa trasformare la catastrofe in un messaggio straordinariamente educativo per le generazioni future, come è accaduto con i libri di Liliana Segre e Primo Levi.

40 cappotti e un bottone
Estate 1942. A Nonantola, Modena, arrivano quaranta ragazzi e bambini ebrei. Sono scappati dalla Germania nazista e, grazie all'organizzazione di Recha Freier, stanno cercando di arrivare in Palestina. Ora, sistemati a Villa Emma, sembra che il peggio sia passato. Tra di loro c'è anche Natan, che inizialmente vede tutta questa attenzione con sospetto. Bruciano ancora il ricordo del padre trascinato via nella notte, l'addio della madre e del fratello più piccolo. Eppure, qui sembra di essere in un mondo completamente nuovo. Finché con l'otto settembre del 1943, a Nonantola iniziano ad accamparsi le truppe naziste e per i ragazzi di Villa Emma c'è una nuova fuga da organizzare. Questa volta, però, non sono soli, hanno un intero paese a lottare per loro.
Ivan Sciapeconi è insegnante di scuola primaria a Modena. Ha pubblicato libri di narrativa per bambini (Zezè e Cocoricò, Raffaello Editore; Un dicembre rosso cuore, Einaudi Ragazzi; Come mettere il mondo a testa in giù, Giunti) e testi per la scuola (Erickson Edizioni, Rizzoli). 40 cappotti e un bottone è il suo primo romanzo.

Il volontario di Auschwitz
Il 19 settembre 1940 durante un rastrellamento nazista a Varsavia, Witold Pilecki prende la direzione opposta a tutti gli altri e si fa arrestare volontariamente per essere mandato ad Auschwitz. Il nome non è ancora sinonimo di inferno, come sarebbe diventato, tuttavia chiunque avrebbe considerato quel gesto folle. Ma Pilecki non è uno qualunque, è un militare dell'Armata polacca e membro della resistenza contro i nazisti. La sua missione è infiltrarsi nel campo, raccogliere informazioni e organizzare una rete clandestina pronta a ribellarsi e a prendere il controllo al momento giusto. Sin dall'arrivo, Pilecki si rende conto che qualsiasi idea i cittadini liberi si fossero fatti di quel luogo, era drammaticamente ingenua. Ciò che trova oltre il cancello con la scritta "Arbeit macht frei" non ha nulla a che vedere con qualunque cosa avesse conosciuto nel mondo reale. Ogni regola del vivere civile è calpestata e sovvertita, ci sono prigionieri con diritto di vita e di morte su altri prigionieri. Fame, freddo, malattie, lavori forzati sono usati dai nazisti come strumenti di decimazione. L'arbitrarietà assoluta è l'unica legge applicata e ciò che distingue i carcerieri l'uno dall'altro sono solo diversi gradi di crudeltà. A poco a poco Pilecki tesse la sua rete clandestina, in attesa del segnale di rivolta, che però non arriva mai. Dopo tre anni, e dopo aver visto sparire molti dei suoi amici, Pilecki decide di fuggire, per continuare la resistenza da fuori. Ritrovata la libertà con una rocambolesca fuga, il capitano Pilecki da bravo soldato stende rapporto ai superiori su ciò che ha visto. Se ne avessero preso atto, quante vite sarebbero state risparmiate?