La scrittura sa di sale. “Io madre mai”

di Donata Carelli

14 febbraio 2024

La scrittura sa di sale. “Io madre mai”

Quando sono scesa dal traghetto a Ventotene, l’isola entrava già nel vivo dell’estate. Avevo un piccolo trolley e mi preparavo ad una parentesi di isolamento. Il mio albergo stavolta era su una punta remota di quest’isola a forma di cetaceo. C’era poco segnale, il cellulare funzionava a singhiozzo. La mia stanza era in alto, con un balcone che guardava la linea pulita del mare. L’indomani mattina, mentre gli altri avventori dell’hotel riempivano in costume le navette per raggiungere le piccole spiagge sassose, io mi mettevo all’opera.

Dovevo prima di tutto ‘rientrare nel mood’, riannodare i fili di quanto era stato scritto precedentemente e che era finito in un file remoto denominato “Io madre mai“. In mano avevo forse i tre quarti del romanzo che poi avevo messo da parte poiché, oscillando tra il pudore di quel che forse non avrebbe dovuto essere raccontato e la sensazione invece che potesse essere spunto di riflessione per chi aveva la mia stessa confusione, erano trascorsi mesi e qualche anno. La prima notte sull’isola rilessi le pagine, avrei modificato tutto, come spesso succede a chi scrive, ma pensai che andare avanti sarebbe stato più coraggioso.

Dal balcone della mia stanza, alta come il nido di un rapace, fissavo la notte nera puntellata di luci, seduta in terra. Respirai forte quell’aria salata e iniziai a cercare le parole per proseguire il romanzo. Ogni notte appuntavo le mie idee a mente fissando il cielo, nulla di più. Poi la mattina giù a scrivere senza sosta, fino a sera, tutti i giorni per sette giorni. Ero rientrata nella scrittura grazie al sole arroventato che trapelava tra il cannucciato, al suono bianco del mare, alla brezza serale. Pandataria*, dispensatrice di ogni bene, aveva fatto il suo. Quella scrittura sapeva di sale, pensai. Chiusi il pc con un gesto sbrigativo di gioia e svuotamento.

* antico nome dell’isola di Ventotene

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